Un bacio appassionato

un racconto della Ziafra

E proprio nel momento in cui i soldati dei due schieramenti opposti si scagliano l’uno contro l’altro e nell’arena rimbalzano le grida di incitamento degli spettatori, mescolate al suono delle trombe marziali, con uno scatto inaspettato un militare si toglie il cappello con la lunga cresta rossa e lo getta via! Dall’altro lato un soldato nemico ripete lo stesso gesto e butta a terra il suo cappello crestato di verde e senza lasciare il tempo di reagire ai rispettivi plotoni , si lanciano di corsa l’uno verso l’altro e nel preciso momento in cui si trovano faccia a faccia, sulla linea di confine, le loro labbra si incontrano nel più lungo bacio, a dirla tutta forse anche l’unico, che la storia ricordi nei rapporti litigarelli tra India e Pakistan.
E da quel giorno vissero tutti felici e contenti.

In realtà non è che sia andata proprio così. Anche da raccontare non è facile,
Allora proviamo ad iniziare così. Avete presente uno stadio di calcio? Di quelli con le gradinate tutto intorno? Immaginate che sulla linea del centrocampo, al posto della striscia bianca con il dischetto, ci sia un bel muro chiuso da una cancellata di ferro con l’India da una parte e il Pakistan dall’altra. Il confine, il Wagah border, dove tutte le sere alle cinque in punto viene inscenata la surreale pantomima della chiusura della frontiera. La gente, da una parte e dall’altra, inizia ad arrivare già dalle tre per assicurarsi i posti migliori. Io sono tra gli indiani e in quanto turista ho avuto accesso alla corsia preferenziale, come i prenotati e i vip, nonostante non abbia una prenotazione e non sia famosa come la Ferragni. Tra i privilegi c’è anche il diritto ad un angolino di gradinata delimitato da una corda con sedie di plastica, che evita l’ammasso informe in cui si aggrovigliano gli autoctoni.  Peccato per quell’albero piantato proprio lì davanti, che non mi fa vedere bene il Pakistan. Dalla parte di Islamabad ci sono le gradinate con un’umanità tutta vestita di monocolore bianco, maschi da una parte, femmine dall’altra e qualche sparuto turista in panchina. Di qua il delirio da stadio, tipo finale Uefa. Gli indiani con la faccia dipinta dei colori della bandiera, in testa “I love my India”, il cappellino più venduto dagli ambulanti che girano gridando tra gli spalti, le scolaresche in gita che non la finiscono di ordinare gelati e patatine. Le ragazze in sari colorati con pancia e schiena scoperte, punjab multicolor, orecchini al naso, anelli ai piedi, braccialetti tintinnati e cavigliere, bandierine plasticose aranciobiancoverdi. Dal Pakistan si alza un grido “Pakistan, Pakistan” e parte a bombal’impianto stereo con una nenia sul genere Mashallah and friends. L’India risponde con un “India, India” e tira su a manetta il volume con zuccherosa musica Bollywood. In mezzo al campo. indiano appare… un presentatore? Un incitatore nazionalista? Un vocalist del governo? Un DJ militare? Un chissàchi che urla dentro un microfono e incita il pubblico con slogan in Hindi. Di là, il rapper di Allah gli tiene testa coinvolgendo i suoi a completare i versi delle canzoni nazionali. Insomma un gran frastu0no in hindihurdu con i ritmi gracchiati dall’impianto audio, che si sente che gli altoparlanti sono ormai sfondati, ma si continua a fare a gara a chi grida più forte. Il tutto sotto una caldazza bagnata come solo queste latitudini sanno sfornare e il  continuo via vai dei venditori di gadgets e snack.
Di là non ci sono cappellini. Solo le bandierine nazionali bianche e verdi con la mezzaluna. Sobrio sventolio.

Ad un certo punto in India si crea del gran movimento…sì, ancora di più di quello che già c’era. Cosa stanno combinando lì sotto? Una specie di corsa ad ostacoli? I ragazzini della scuola non stanno più nella pelle, giovinette urlanti svolazzacapelli neri bellissimi si precipitano giù dalle gradinate. Si forma una coda lunghissima controllata da due militari. Un altro soldato consegna la bandiera a quelli della prima fila che impazziti di gioia partono correndo e urlando fino al cancello del confine e poi tornano indietro per passarla a chi viene dopo. Ossignore, una staffetta di matti! Singoli, a coppie a gruppo, tutti si attaccano all’asta, corrono e gridano e poi fanno dietro front davanti ai sodati che presidiano il cancello blindato con giubbotti antiproiettile e kalashnikov. Le barre da selfie si moltiplicano e i militari hanno un bel da fare a coordinare le teenagers esaltate. Anche dall’altro lato scende in campo la bandiera, ma a tenerla è un martire di guerra che in equilibrio sull’unica gamba la fa piroettare come un danzatore sufi. Qualche maschio accenna piccoli balletti vicino a lui, i turisti scattano, altri maschi si avvicinano per un selfie con le guardie armate che si mettono in posa. Le donne stanno sedute composte e monocolore, sobrio sventolio. Nel mezzo di questo delirio, effettivamente un signore con una valigetta trolley supera i controlli e dal Pakistan entra in India, cercando di tenersi defilato per non finire risucchiato dallo show.

Ci vuole un bel po’ a rimettere tutti seduti, in India dico, perché le trombe stanno annunciano che la cerimonia della chiusura del confine sta per iniziare. In contemporanea, in perfetta sincronia, segno che almeno dal teatro un speranza di pace arriva, fanno il loro ingresso un manipolo di soldati in alta uniforme e cappello a pennacchio da gallo reale. Per citare colui: “lo stesso identico umore, ma la divisa di un altro colore”. Paki bianchi e verdi, Indi kaki e arancio. In pratica lo scopo è quello di ammainare le bandiere, piegarle, chiudere il cancello e ciao andiamo a casa, ci si vede domani mattina ragazzi, bidi, chay e tanti saluti. Ovviamente per farlo la cerimonia dura una mezz’ora e consiste in un balletto con sgambate alla Cuccarini, in cui i sodati di entrambe le parti marciano verso il cancello, mostrano i denti, fanno il gesto di spararsi, pugnalarsi, prendersi a cazzotti, il tutto slanciando le gambe fino a tirarsi le ginocchia sul naso. Al Bolshoi gente per il “Lago dei Cigni”, tutti a fare i personal trainer in palestra, che cavolo ci fate al Wagah border a prendere caldo e digrignarvi i denti? Ho comprato un souvenir di legno che rappresenta due soldati con le rispettive bandiere e la gamba alzata. Uno per me, uno da mandare a casa come regalo. Mia mamma quando l’ha visto mi ha chiesto: “Perché mi hai spedito due giocatori di cricket?”

STORIA
India e Pakistan si odiano da anni, da quella frattura avvenuta co n l’indipendenza dall’Impero Britannico e la separazione dei due stati avvenuta nel 1947. Per saperne di più sul conflitto

DOVE
Il posto di frontiera di Wagah costituisce l’unico transito aperto tra Pakistan e India. Non viene utilizzato per il transito di automezzi: gliunici mezzi di trasporto autorizzati sono un autobus ed un treno con passaggi a cadenza giornaliera da Lahore ad Amritsar e viceversa.

COME ARRIVARE
Da Amristar, cuore del Punjab, città sacra per la religione Sikh, in quanto sede del meraviglioso Golden Temple, visita assolutamente da non perdere. Ci sono decine di agenzie autorizzate e non, taxi, abusivi e carrettini pronti a scortarvi fino alla linea di confine per assistere alla cerimonia. Contrattate come se non ci fosse un domani, mi raccomando!

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