Un mese in Guatemala

Antigua, lago Atitlan, Rio Dulce

Un mese in Guatemala. Terra di vulcani poderosi e di popolazioni Maya. Patria del quetzal, uccellino simbolo nazionale che ho visto riprodotto in murales, dipinti e banconote (che si chiamano proprio quetzal, un po’ come se da noi le lire del passato si fossero chiamate, chessò, capriolo o cinciallegra), ma non dal vivo, perché se ne sta nascosto tra il folto della giungla e per incontrarlo ci vogliono fortuna e pazienza. Terra di montagne e foreste tropicali, di laghi vulcanici di cui nessuno conosce la profondità (Atitlan) e di altri laghi vulcanici sacri e cosparsi di fiori (Chicabal). Terra bagnata da due oceani, il Pacifico e l’Atlantico.

Terra dei fantomatici “bus pollo”, chiamati così perché guidatori e bigliettai li riempiono come pollai: passeggeri, galline, mobili, attrezzi agricoli, biciclette, cibarie. La domenica ci salgono pure i predicatori che leggono la Bibbia. Sono vecchi scuola bus Usa con la carrozzeria ridipinta a festa. Sono coloratissimi e vanno dappertutto, i guidatori corrono come forsennati e se è vero che schiene e bagagli sballottano di continuo, tanto che quando si scende ci si sente come ubriachi, è vero pure che sono come compagni di viaggio. Compagni di viaggio scomodi e allegri, chiassosi e divertenti. E  super economici.

Terra indigena. Il 60% dei guatemaltechi sono indigeni, principalmente Maya. Hanno la pelle color cappuccino e una storia antichissima. Una storia che si manifesta nell’arte, nei ricami delle vesti, nell’alfabeto a pittogrammi, nel rapporto di rispetto con la natura e con l’ambiente. In Guatemala ci sono molte etnie, ciascuna con il suo costume tradizionale e la sua lingua. L’arrivo dei colonizzatori spagnoli fece precipitare le popolazioni indigene in condizioni di estrema povertà e di sfruttamento. Ancora oggi, molti vivono marginalizzati.

Segnalo qui la storia, la vita, l’impegno per i diritti umani e le passioni di due donne indigene. Due vite da conoscere, da leggere, da condividere.

Rigoberta Menchú, di etnia Quiché, attivista per i diritti umani. Nel 1992 ha ricevuto il Premio Nobel per la pace, datole “in riconoscimento dei suoi sforzi per la giustizia sociale e la riconciliazione etno-culturale basata sul rispetto per i diritti delle popolazioni indigene”.

Sara Curruchich, cantautrice di origine Kaqchikel. Canta sia in spagnolo sia in lingua kaqchikel, è una delle prime musiciste a utilizzare quest’ultima nella musica popolare. Come scrive nella sua biografia: “Essere donna in Guatemala è un atto di resistenza. Essere una donna Maya Kaqchikel e un’artista è, di per sé, una dichiarazione politica.” 

Colpo di fulmine ad Antigua

Case basse gialle, rosse, celesti, verdi. Chiese barocche tinteggiate di fresco e ricoperte di statue e colonne con decorazioni floreali; antichi conventi disabitati, scrostati, con il cielo a fare da volta e i rami che entrano dai buchi delle finestre. Piazze ombrose in cui si mangia, si ascolta la musica, ci si dà appuntamento. Donne Maya con i capelli intrecciati e huipil di mille e colori, carretti del gelato a forma di bus in miniatura. Jacaranda viola in fiore. Strade sconnesse di ciottoli tondi che fanno prendere le storte. Fermata degli autobus pollo che trabocca di metallo lucente e dipinto. E il mercato: banchi di vestiti usati, piccoli ristoranti un po’ bui ma sempre affollati che preparano riso con il pollo, spaghettini saltati, panini ripieni. Aguacates, banane, ananas. Parchi pieni di alberi, uccelli e venditori: chi vende palloncini colorati e chi tessuti, ragazze con manghi e papaye affettati, musicisti di strada. Tutt’intorno, in lontananza, sfumata dalla calura del mezzogiorno, una collana di vulcani. Io di Antigua mi sono innamorata. Così tanto che ci sono tornata due volte, e già sto pensando a quando sarà la terza.

Consigli

˃ Musei: ce ne sono parecchi interessanti in città, spesso sono ospitati in palazzi d’epoca, come quello meraviglioso del Museo de Arte colonial. Ne suggerisco uno perché non viene citato nelle guide, forse anche perché aperto da poco (per lo meno non era citato a febbraio 2023, durante il mio viaggio in Guatemala): il Museo del Palacio del Ayuntamiento. Dalla piazza principale, ingresso laterale. Il museo ha una bella collezione di opere d’arte, nel cortile centrale c’è un caffè. Passeggiata al primo piano lungo il porticato, da dove si vede la piazza alberata e tutto l’andirivieni di venditori ambulanti, cittadini, turisti. Gratuito.

˃ Escursioni sui vulcani: Volcan de Fuego, a 3.600 metri di quota. Indimenticabile. L’ho raggiunto con un trekking di due giorni da Antigua. Il primo giorno ho camminato fino al campamento, sono arrivata nel pomeriggio e ho passato la notte in tenda: un freddo becco, perché è in alta quota, ma il vulcano che erutta lapilli e lava circondato dalle stelle è stato uno spettacolo incredibile. L’alba pure. Il secondo giorno sono ridiscesa dopo la colazione e sono rientrata ad Antigua poco prima di pranzo. Consiglio di prendersi mezza giornata di riposo al ritorno, io mi sono fiondata in camera e ho dormito tutto il pomeriggio.

˃ Arrivare e partire. Ci sono molte agenzie in città che organizzano vari tipi di spostamento. Io, invece, ho optato per fare tutto per conto mio e ho sempre viaggiato sui bus pollo: la fermata è di fianco al mercato di artigianato (Mercado de artesania). I mezzi non hanno orari né biglietterie ma basta chiedere in giro. Attenzione a due cose: informatevi prima sui prezzi per evitare che facciano la cresta; se la vostra meta non è tra quelle in partenza da Antigua nessun problema, io ho fatto spesso percorsi a tappe: gli assistenti dei guidatori di solito sono affidabili e vi indirizzano di autobus in autobus.

Atitlan, il lago circondato di vulcani

Vegetazione tropicale e coltivazioni di caffè, banani, mais a 1.500 metri di quota. Acque turbolente attraversate dalle lanchas, le imbarcazioni locali. Una corona di vulcani tutt’intorno. Ecco a voi Atitlan. Nessuno conosce la profondità del lago: 300 metri secondo le guide, i locali però dicono che non è vero, che è molto ma molto più profondo, così tanto che nessuno è mai arrivano in fondo. Dicono, anche, che ci sono fiumi sotterranei che portano le acque del lago fino al mare. Atitlan è circondato di villaggi e di vulcani. I villaggi si affacciano sull’acqua e si raggiungono in barca, i vulcani stanno tutt’attorno e chi ha una buona gamba li può scalare per conto proprio o con un’escursione organizzata: ci sono molte agenzie che propongono gite di varia intensità e vari livelli di difficoltà.

I villaggi si affacciano sull’acqua mossa del lago. San Pedro, San Marcos, Santa Cruz, Panajachel, Santa Caterina, Santiago, paesi in cui si vive donne e uomini Maya, principalmente Kaqchikel e Tsotsils, vivono di agricoltura, pesca e turismo. La vita ha un ritmo rilassato, si passeggia tra piccole botteghe e murales colorati che danno allegria alle strade, in ogni villaggio c’è una piazza principale alberata con la chiesa e gli edifici pubblici (ayuntamiento, biblioteca). Tolte alcune aree eccessivamente turistiche, lungo le rive del lago Atitlan si sta proprio bene. C’è un’atmosfera gentile e quieta che inviata a fermarsi.

Alcuni villaggi sono decisamente turistici (Panajachel), altri turistici ma più d’élite (San Marcos), altri ancora per metà turistici e nell’altra metà locali (San Pedro). Quelli meno toccati dalla presenza straniera sono Santa Caterina e Santiago.

Santa Caterina Palopò: il villaggio azzurro a 6 chilometri da Panajachel. Da qui si può fare un’escursione fino a San Antonio, passando per i campi e gli orti ripidi e di fronte sull’acqua. A Santa Caterina ci sono anche le terme calde, che hanno questa caratteristica: le pozze, libere e facili da individuare (sono in fondo al paese, superati i giardini) si allargano e si restringono a seconda dell’alzarsi e abbassarsi dell’acqua. Nella mia esperienza, Atitlan è l’unico lago in cui ci siano le maree. Quando sono andata io la marea era bassa: decisamente le terme più piccole in cui mi sia mai infilata.

San Marcos: atmosfera new age tra le coltivazioni di caffè. San Marcos è il mio punto preferito per fare il bagno, a dieci minuti a piedi dal villaggio, in direzione di San Pablo. Ingresso a pagamento, rocce da cui tuffarsi e dove prendere il sole. C’è una camminata a piedi molto bella da San Marcos a Santa Cruz (o viceversa).

Di San Pedro consiglio il mercato indigeno la domenica. E una passeggiata lungo le rive sul far della sera: si incontra una scena antica, con le donne lavano i panni nel lago, le bambine giocano e si lavano

Al ritmo dell’acqua: Rio Dulce e Livingston (Guatemala occidentale)

Rio Dulce. Il Rio Dulce parte dall’omonima cittadina (che è parecchio brutta) e scorre fino all’Oceano Atlantico. Il villaggio è un crocevia di strade e un capolinea: chi vuole raggiungere il mare a Livingston deve prendere la barca, perché qui finisce l’asfalto. Niente più auto, motorini, biciclette. La gente non vuole le strade. Il fiume si percorre con la lancha (imbarcazioni lunghe e basse) e compie anse e giravolte, si restringe e divaga in meandri laterali. Qua e là ci sono piccoli villaggi e case sparse, di legno e palafittate. Di norma davanti a ogni casa ci sono un’amaca, una fila di panni stesi ad asciugare e qualche barca, alcune di legno e a remi, altre, più moderne, a motore. Si incontrano ristoranti sull’acqua, verdurai in barca, barbieri sui pontili, bambini che filano spediti sull’acqua manovrando imbarcazioni colorate con certi remi che sembrano padelle e gente intenta a pescare. Il fiume è ricco di vita: pellicani e aironi, ninfee rosa e bianche, mangrovie e liane. All’interno è foresta tropicale verdissima e umida, ci sono iguane, scimmie, lamantini, oropendole (uccellini neri con la coda gialla) e, dicono le guide, giaguari (mai visti); felci, fiori rossi, alberi di durian, banani e campi di mais, che i contadini raggiungono a piedi.

Livingston. Ci sia arriva solo dall’acqua. Che sia quella dolce del Rio Dulce o quella salata dell’oceano Atlantico, Livingston non ha strade di collegamento con il resto del Guatemala (e del mondo). Se ne sta lì, tra fiume e mare, orlata di aironi e pellicani, tra barche da pesca un po’ arrugginite e palme che se non si sta attenti si rischia di prendersi un cocco in testa. Io ci sono andata in un giorno di tempo incerto, tra acquazzoni e sprazzi di sole. Sono arrivata dal fiume, che dopo aver girato tra canyon e curvature ha messo da parte liane e mangrovie e si è aperto nel grande mare. Livingston è abitata per metà da una popolazione che si chiama Garifuna. Hanno la pelle scura e i capelli crespi e sono un intreccio di africani neri (in origine schiavi nigeriani) e amerindi. Oggi sono l’1% della popolazione. In questo angolo di Guatemala l’atmosfera è alla Bob Marley: bandiere con i colori della Giamaica, ragazze con le treccine, ragazzi rasta, matrone pettorute che friggono empanadas de pescado.

Una curiosità: le amache fanno talmente parte del paesaggio domestico che le appendono sia nei cortili sia dentro casa. E le vendono dappertutto, pure dal ferramenta e dal fruttivendolo.

Consigli

˃ Prendete il ritmo del fiume. Cioè datevi tempo. Consiglio di passare qualche notte in una delle Guest house lungo il Rio Dulce, per assaporare la vita nella giungla e quella lungo l’acqua. Io ho alloggiato nella Finca Tatin. Cosa fare una volta lì? Ascoltare i suoni degli uccelli, passeggiare tra i bellissimi fiori rossi; dondolare sull’amaca; esplorare il territorio, con o senza guida (io sono andata senza, ma sono indispensabili un GPS e un po’ di senso di avventura *vedi dopo*); noleggiare una canoa.

˃ Escursioni in canoa lungo il fiume: sono andata alle terme di Aguas Calientes, gratis e facilmente raggiungibili dagli ostelli. Dalla roccia esce acqua caldissima che si mescola con quella fresca del fiume. Un’altra escursione abbastanza diffusa è quella fino a Livingston: molti optano per fare la sola tratta di andata, facendosi portare i bagagli in città dalle Guest House.

˃ Escursioni a piedi lungo il fiume: la grotta della tigre e Livingston. Sono queste le camminate che ho fatto senza guida e sono entrambe molto belle. Ci si immerge nella giungla, una giungla di alberi altissimi che non lasciano entrare il sole, si suoni e versi di animali che non si vedono, di punti in cui si devono guadare torrentelli. Non sono difficili da un punto di vista tecnico ma si perde facilmente l’orientamento. Assolutamente necessario scaricare una TRACCIA e fare in modo di non trovarsi a metà strada al calar del sole, per evitare di trovarsi a camminare al buio tra liane, guadi e fogliame

˃ Se vi trovate a passare un giorno nel villaggio di Rio Dulce, andate alle magnifiche terme della Finca Paraiso. Si raggiungono con la combi pubblica da Rio Dulce (chiedete ai passanti, tutti sanno dove si trova la Finca e vi indicheranno la fermata). Una piscina naturale molte grande sovrastata da una cascata di acqua calda e termale: una meraviglia! Parola di Geco viaggiatore 🙂

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