Trans-Asia Express

da Istanbul a Teheran (Turchia e Iran)

C’è un treno che il mercoledì sera parte da Istanbul e va in Iran.
Parte dalla stazione di Haydarpasa, nel lato asiatico del Bosforo, e 3.000 chilometri dopo arriva a Teheran. Si chiama Trans-Asia Express e ci mette due giorni e mezzo, salvo ritardi. È un treno epico che attraversa città e campagne, passa per paesaggi di sabbia, vallate e laghetti, per campi gialli di girasoli, colline rosse e vette coperte di neve. Li attraversa con calma, perché dopo Ankara i binari diventano precari e richiedono attenzione. Per ore si va a 20 all’ora: di tanto in tanto si affiancano ragazzini che pedalano a tutta birra e fanno la gara a chi va più svelto, loro sulle biciclette o noi sulle rotaie. Il Trans-Asia Express raccoglie i passeggeri diretti in Iran e solo loro: fermate in Turchia ne fa molte, ma solo per salire, perché fino al confine non si può scendere. Lo prendono gli iraniani che tornano a casa: quelli che sono andati in vacanza o a vedere un concerto (il rock è proibito nella Repubblica islamica), chi ha trovato lavoro fuori, persone che vanno a trovare pezzi di famiglia rimasti di là. Per questo c’è chi lo chiama “il treno degli esuli”.

Partiamo puntuali da Istanbul alle dieci di sera del mercoledì. Alle 8 del giovedì mattina la locomotiva si ferma di fronte a una scritta bianca: Ankara Gar. Dai finestrini la capitale non si vede quasi: il tempo di far salire qualche famiglia, di presentarsi ai nuovo arrivati e Ankara è già dimenticata.  Il treno attraversa il centro della Turchia. Ci fermiamo in stazioncine di nome Yerkoy e Kaiseri, a ogni sosta c’è qualcuno che sale e qualcuno che va a comprare un succo di frutta o fare due passi sul marciapiedi. Dura tanto, il viaggio, e si finisce con fare conoscenza con mezzo treno: ci si incontra nel vagone ristorante, che ha vasi di fiori sui tavoli e tovaglie con i merletti, e negli scompartimenti, perché è un continuo invitarsi a sgranocchiare un dolcetto e a bere il tè. Alla partenza tutti hanno thermos pieni di tè, quando finiscono l’acqua calda i più attrezzati tirano fuori un bollitore elettrico, chi non ce l’ha va nel vagone ristorante e si serve da un apposito samovar, che è sempre pieno. A metà del secondo giorno passiamo da Sivas, tre ragazzi si mettono a ballare nel corridoio, da uno scompartimento si sente ridere e russare, dalle parti di Elazig il sole tramonta. Alla fine del secondo giorno arriviamo a Tatvan, cittadina affacciata sul lago di Van. Qui scendiamo dal treno turco: l’attraversamento del lago avviene su di un battello scalcinato, arrugginito e rumoroso. Arriviamo nel porto di Van che è ancora notte e ci incamminiamo verso il secondo treno, che è iraniano e meno confortevole di quello turco. Al confine manca un centinaio di chilometri. Arriviamo alla frontiera di mattina prestissimo: mezzo addormentati e infreddoliti ci mettiamo in fila al controllo passaporti, le donne si coprono il capo, le braccia e le gambe, l’atmosfera cambia, niente più allegria, nessuno ride, nessuno ascolta la musica, non hanno nemmeno le loro eterne tazze di tè, tutt’intorno ci sono ritratti di Khomeini e scritte religiose. Mezz’ora dopo siamo in Iran, la terra incredibile che un tempo si chiamava Persia.
In Iran il paesaggio è stinto, i contorni si ricoprono di una patina di calura; a Tabriz i primi iniziano a scendere, è tutto un tirare giù bagagli e  salutarsi; a Zanjan scende il mio vicino, che mi dice “buona fortuna”; dopo cena entra Samira, che è di un villaggio sopra Teheran. “Tra poco scendo”, mi dice, “mi raccomando, telefonami nei prossimi giorni, che ti porto in giro”. Da quando siamo partiti accumulo numeri di telefono e indirizzi: persone che mi hanno detto “vieni a vedere il Mar Caspio dove abito io”, “facciamo una festicciola”, “andiamo sui monti dietro Teheran”. Gli iraniani sono il popolo più ospitale che ci sia: questo ho capito in tre giorni di treno. Ho capito, anche, che il mio sarà  un viaggio nelle loro storie e con i loro occhi. E che questo è il treno della gente.

NOTE PRATICHE

*** VISTO***
Per visitare la Turchia non occorre il visto, per soggiorni inferiori ai 90 giorni basta la carta d’identità valida per l’espatrio. Per l’Iran invece occorre il visto, che viene rilasciato direttamente in aeroporto ma non se si entra da un confine di terra. Se contate quindi di fare il viaggio in treno dovete farvi rilasciare in anticipo il visto presso l’ambasciata o il consolato iraniano in Italia.
*** DOVE COMPRARE IL BIGLIETTO DEL TRENO***
Il biglietto può essere acquistato alla stazione di Istanbul. Tenete presente che, siccome il treno parte una volta alla settimana, potrebbe essere pieno: per questo è meglio prenotare in anticipo. Dovrete rivolgervi a un’agenzia: non mi risulta che il biglietto sia acquistabile autonomamente nel sito delle ferrovie turche. Per informazioni: https://www.seat61.com/Iran.htm
*** TIPO DI SISTEMAZIONE***
Su entrambi i treni si viaggia in cuccetta. Il treno turco è confortevole, spazioso, pulito e ordinato, quello iraniano è meno comodo e moderno.
 *** COSA PORTARE***
In treno vengono fornite lenzuola e coperte, c’è il vagone ristorante e ci si ferma regolarmente in stazioni dove è possibile comprare snack e acqua minerale: non occorre quindi portasi nulla. Tuttavia, i passeggeri hanno tutti da mangiare: alcuni pranzi veri e propri, riposti in vaschette di alluminio, altri rotoli di pane lungo e sottile, formaggio e cetrioli, altri ancora confezioni di pasticcini. Tutti condividono il cibo: per questo, suggerisco di portare qualcosa da offrire e spartire con gli altri.

IL MIO CONSIGLIO

Il Trans-Asia è un’esperienza. Un’esperienza per chi ama i viaggi in treno, la lentezza e l’incontro: due giorni e passa danno alle persone il tempo di conoscersi...
di scambiarsi idee, opinioni, brani musicali e panini farciti. Entrare e uscire dagli scompartimenti, chiacchierare e bere tè è un modo per iniziare a capire la cultura, il modo di fare, i gesti delle persone del Paese dove si sta per entrare.
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